sabato 31 marzo 2007

DICO

Dico: bene, male o non so?

Quando stamane ho pensato che dovevo scrivere un pezzo per il nostro giornalino interno, avevo in mente di fare un pezzo del tutto diverso da quello che verrà fuori, perché ritenevo giusto non occuparmi di una questione politica (per l’ennesima volta, qualcuno dirà) e di volermi occupare di un lato più spirituale.
Alla fine, però, leggendo giornali, vedendo telegiornali, questa settimana mi sono deciso e ho pensato: devo scrivere qualcosa sui DICO (la legge italiana che, chissà se mai sarà approvata, dovrebbe riconoscere, solo da un punto di vista anagrafico e non legislativo, le coppie di fatto). In realtà, lo faccio malvolentieri per diversi motivi: primo, perché non ritengo di non essere un esperto di etica (pur essendo un filosofo) e non riesco, talvolta, a comprendere tutte le implicazioni di una scelta di questo tipo; secondo, perché la polemica politica divampa su una questione che, con tutta probabilità, non passerà in questa legislatura nel nostro Parlamento. Ma, alla fine, qualcosa va detta. Che posizione dobbiamo avere rispetto a questa proposta di legge fatta dal nostro Governo ma che, come più volte precisato, non fa parte delle priorità dello stesso?
Cercherò di fare una serie di riflessioni a tal proposito. Primo: la società italiana, rispetto a 50 anni fa, è profondamente cambiata e lo Stato talvolta deve adeguare le sue leggi alla situazione. Oggi, in Italia, le persone che convivono sono quasi nella stessa percentuale di quelle che hanno contratto matrimonio. Viviamo, nonostante tutti gli squassi, in uno Stato sociale: dobbiamo garantire a queste persone di poter usufruire di alcuni benefit che questo Stato dà alla società? Secondo me sì e, pertanto, da un punto di vista politico non posso non essere che favorevole ad una regolamentazione di questa situazione sempre più presente nel nostro Stato.
Dal punto di vista morale che dire? Da quando sono approdato a Bari ad insegnare e, in particolare, da quando insegno al Liceo Classico, ho scoperto che il numero delle famiglie che hanno rotto il vincolo matrimoniale è altissimo: nelle mie classi almeno il 40% degli alunnoi proviene da famiglie divorziate. Gli effetti sui figli si vedono e i disastri psicologici mi sono davanti agli occhi ogni giorno. Siamo sicuri che accettare l’esistenza delle coppie di fatto non avvalori questo disastro sociale sempre più presente nella nostra società? Da questo punto di vista, la legislazione proposta mi fa venire dei dubbi, perché sembra quasi che lo Stato avvalori il fatto che si possa vivere in una situazione di famiglie disastrate e figli feriti o profondamente complessate.
Dal punto di vista sociale? L’Italia è il paese con una delle più basse natalità del mondo. Il legislatore si è chiesto perché si fanno più figli in Francia, Germania, USA. Siamo pertanto sicuri che la nostra società non abbia bisogno di valorizzare meglio la famiglia, di tutelarla come dice la Costituzione, piuttosto che preparare altre leggi che non risolvono il problema di una nazione sempre più vecchia e demotivata?
E la teologia? Qui il discorso si fa più complesso. Da un punto di vista strettamente teologico va detto questo:
1. Non tocca alle Chiese dire ai politici come si devono comportare. Se, come la Chiesa Cattolica che si illude ancora di essere maggioritaria, abbiamo formato le coscienze dei nostri politici non dobbiamo minacciarli con documenti che sembrano documenti ingiuntivi, come la nota pastorale che la CEI ha reso pubblica proprio in questi giorni;
2. Bisogna ammettere (e in questo concordo con il teologo valdese E. Genre) che il matrimonio, nelle Sacre Scritture, sembra essere più un vincolo naturale che sacro. In tutte le Scritture non si parla mai di una cerimonia religiosa, ma si dà senza dubbio attenzione alla famiglia ed al vincolo solidale e duraturo che deve essere stabilito in essa;
3. E’ possibile, quindi, che ci siano posizioni diverse sull’argomento che non inficiano la verità biblica, ma la interpretano e, senza ombra di dubbio, non esiste una risposta univoca dalla Bibbia se non quella della condanna (questa sì chiara) delle unioni omossessuali, ma non di quelle inerenti alla coppie di fatto eterosessuali;
In conclusione, quindi, il credente evangelico deve agire secondo coscienza, cercando di fare un ragionamento complesso e non semplicistico e non pensando, come purtroppo talvolta sembra fare Alleanza Evangelica in Italia, che esista un opinione univoca sull’argomento.

domenica 11 marzo 2007

plantinga e the God Delusion

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